venerdì 11 luglio 2014

L'ELEGANZA DI ARDILES

La storia del calcio è piena zeppa di talenti, ce ne sono stati e ce ne sono tutt'ora. Se ci soffermiamo un attimo a pensare possiamo notare che la maggior parte di essi è attaccante; basti pensare a Pelé, a Maradona, Crujff, Van Basten, Ronaldo e molti molti altri.
Giocatori strabilianti e veri uomini squadra capaci di vincere le partite "da soli". Ho sempre però pensato, e di certo non scopro l'acqua calda, che per vincere c'è bisogno di 11 calciatori ben collaudati tra loro, pronti a sacrificarsi nel proprio ruolo e perché no, a conoscere ognuno le caratteristiche tecniche dei rispettivi compagni.
Uno dei ruoli più "sporchi" del calcio è di sicuro quello del centrocampista centrale, ossia quel calciatore che fa da collaudo tra difesa ed attacco equilibrando la squadra di modo da non essere né troppo sbilanciata, né troppo chiusa.
Uno dei maggiori interpreti di questo ruolo è stato di sicuro Osvaldo "Ossie" Ardiles, piccolo (169 cm e 62 kg) mastino dai piedi buoni di tante squadre di club e della nazionale argentina per 10 anni a cavallo tra gli anni 70 e 80.


La carriera di Ardiles ha inizio nel 1969 nelle file dell'Instituto, squadra di Cordoba, sua città natale con cui realizzerà 3 gol in 14 partite prima di passare dall'altra sponda della città per vestire, nel 1974, la maglia del Belgrano. Ci rimarrà una sola stagione per poi chiudere la sua avventura argentina (con maglie di club) nelle file del glorioso Huracan.
Le 113 presenze in maglia Globo condite da 11 gol e numerosi assist più la perfetta intesa con un altro grande del calcio argentino, René Houseman, gli regalano la convocazione al mondiale del 1978 che si gioca proprio in terra argentina.
Ossie ha 26 anni e non ha ancora raggiunto quella maturità tale da considerarlo uno dei punti fermi; ha piede, ha talento, ha visione di gioco, tutte caratteristiche che mette in mostra in maglia Huracan ottenendo sempre di più la fiducia dei 6 allenatori che si susseguono nella sua avventura in maglia biancorossa. Tuttavia sembra ancora il classico talento inespresso, la gente critica la scelta di convocarlo ma Menotti ha deciso: nel Mundial di casa vuole il talento di Cordoba.
I vari detrattori si ricrederanno subito. Nelle 3 partite del girone, Ossie gioca da vero leader, anche nella sconfitta 1-0 contro l'Italia e nella fase successiva è protagonista nella vittoria contro la Polonia 2-0 (assist per il primo gol di Kempes) ed è anche uno dei pochi a mantenere la calma nella partita-scintilla che si gioca contro i rivali brasiliani (0-0 il finale). Nella partita discussa contro il Perù e vinta 6-0, Ardiles regala grandi giocate mandando spesso davanti alla porta Kempes e Luque; da difendere c'è ben poco rispetto alla precedenti partite ed i peruviani passano la metà campo argentina solamente in un paio di occasioni.
Dopo una prima parte in cui l'Argentina ha subito gol in tutte le gare, nella seconda fase è protagonista di un vero e proprio muro eretto da insieme al compagno di reparto Gallego. La maggior parte delle persone che criticava la scelta, osanna ora il forte centrocampista come uno dei migliori della Seleccion.
Ma c'è ben poco da star rilassati perché il 25 giugno al Monumental di Buenos Aires, Ardiles e l'Argentina hanno un appuntamento con la storia. Di fronte c'è la fortissima Olanda del calcio totale e del nuovo talento Rensenbink (5 gol nel torneo di cui 3 su rigore).
Ossie gioca poco più di un'ora prima di essere sostituito da Larrosa, ed a differenza del match contro gli Inca, il centrocampo olandese dà molto più lavoro ad Ardiles e soci che patiscono (al pari degli arancioni) un campo pesante ed in pessime condizioni.
Il finale vedrà trionfare l'Argentina 3-1 trascinata, ancora una volta, da Mario Kempes.
La premiazione si svolge in un clima irreale, il generale Videla della junta militar consegna la coppa a Passarella e dopo qualche attimo di tensione, il popolo argentino può esplodere la sua gioia, portando in trionfo proprio quell'Ardiles criticato a più riprese alla vigilia della manifestazione.


L'ottima prestazione mondiale fa suonare le sirene dei club d'Europa decise ad accaparrarsi il forte centrocampista argentino che sembra aver sì trovato la maturità giusta.
Nell'agosto del 1978 Ardiles sbarca a Londra sponda Tottenham, è l'inizio di un "matrimonio" che durerà 10 anni.
Il primi due anni non sono per niente entusiasmanti, il Tottenham chiude all'11° e 14° posto (22 squadre) ed Ardiles non sembra neanche lontano parente di quello visto al mondiale argentino, le critiche come sempre sono tante ma la stagione 1980-1981 è quella della svolta.
Il Tottenham vince infatti la coppa d'Inghilterra e la successiva Charity Shield all'inizio della stagione successiva.
Ardiles sembra aver recepito i meccanismi imposti dall'allenatore Burkinshaw e ben si integra sia con Glenn Hoddle che con il suo connazionale Ricardo Villa; a fronte però di un attacco atomico (70 gol in 42 partite nella Premier 80-81) dove Ossie dispensa assist a volontà alle punte tra cui figura anche la giovane promessa Steve Archibald, fa da contraltare una difesa non sempre arcigna (68 i gol subiti) e di sicuro i ritmi più elevati rispetto a quelli argentini, fanno patire la classe e l'intelligenza di Ardiles che decide però di rimanere nella massima serie inglese.
La stagione 1981-1982 è quella della conferma, arriva infatti la seconda FA Cup consecutiva dove le continue giocate ordinate e poetiche di Ardiles sono musica per i piedi di Mark Falco e compagnia nel reparto avanzato. Le cose in campionato migliorano molto, il centrocampo è ancora lo stesso dell'anno precedente, a testimonianza della fiducia che ha la dirigenza sia in Ardiles che in tutta la mediana degli Spurs. 29 i gol subiti alla termine del campionato, meno della metà dell'anno precedente.

             

Nel frattempo, oltre ad adattarsi sempre meglio nel centrocampo degli Spurs, Ardiles diventa anche attore. Ebbene sì, molti di voi si ricorderanno del film "fuga per la vittoria", Ossie è il protagonista della famosa bicicleta, un numero ad alto tasso di difficoltà divenuto poi famoso in tutto il mondo.


             

Dopo questa particolare parentesi arriva il mondiale di Spagna del 1982, l'Argentina ci arriva da campione del mondo ed è d'obbligo una delle favorite anche nel torneo iberico.
L'allenatore è ancora Menotti, a centrocampo ci sono sempre Gallego e Bertoni più l'aggiunta di Olarticoechea e di un fantasista 21enne che diventerà uno dei più forti di sempre, Diego Armando Maradona.
Ardiles è protagonista di un curioso episodio durante la manifestazione; la federazione argentina ha l'usanza di distribuire i numeri di maglia in ordine alfabetico (fa eccezione Maradona), ad Ossie quindi tocca la maglia numero 1 perché questa volta non è presente in rosa Norberto Alonso.


L'esordio al mondiale di Spagna è da incubo, l'Argentina perde la gara inaugurale contro il Belgio 1-0 facendo scattare più di una critica nei confronti della selezione di Menotti; Ardiles è comunque uno dei migliori dei suoi che sbagliano tanto e risultano confusionari in fase offensiva; Ossie cerca di mettere ordine ma la poca vena dei compagni e l'arcigno centrocampo belga ne limitano le giocate.
Nonostante tutto la Seleccion supera il turno a seguito delle vittorie contro l'Ungheria (Ardiles ha il merito di segnare il 4-0 al 60° minuto, la partita terminerà 4-1) e l'El Salvador (2-0).
Tuttavia la squadra non sembra brillare come nel 1978 ed infatti nel successivo girone a 3 squadre perde sia con l'Italia (1-2) che col Brasile (1-3); coi verdeoro perde la pazienza anche Maradona che non riesce a trovare le giocate sperate ed Ardiles non riesce a far quadrare il reparto complice anche un Gallego ed un Kempes lontani parenti del mondiale casalingo.
Terminato in malomodo il torneo spagnolo, Ardiles non può più stare al Tottenham ma non di certo per colpa sua. Scoppia infatti la terribile guerra delle Malvinas, le isole nel sud dell'Argentina, da sempre oggetto di contesa tra gli argentini stessi e gli inglesi; meglio quindi cambiare aria ed accettare il prestito ai francesi del Paris St Germain.
Ma nel dna di Ardiles ormai esiste la conquista della coppa nazionale, trofeo che arriva anche nell'unica stagione transalpina ma non da protagonista; metterà infatti insieme appena 14 presenze in tutte le competizioni con la magia del PSG.
Terminata l'esperienza francese è il momento di tornare al tanto amato Tottenham che nel frattempo ha conquistato il 4° posto nella Premier ottenendo l'accesso alla Coppa UEFA 1983-1984, trofeo che viene vinto in maniera netta dopo aver rifilato 14 gol al Drogheda, 6 al Feyenoord, vittoria in rimonta sul Bayern Monaco dopo la sconfitta dell'Olimpiastadion, le sofferte vittorie contro Austria Vienna ed Hajduk Spalato e per concludere i tiri da dischetto contro l'Anderlecht dopo i due pareggi per 1-1.
Ardiles scenderà in campo nelle due partite dei quarti di finale contro l'Austria Vienna complice un infortunio che lo tiene lontano dal terreno di gioco per buona parte della stagione. Fa in tempo comunque a timbrare il gol del 2-1 a 7minuti dalla fine nel match di Vienna (2-2 il finale dopo il 2-0 dell'andata).
      
             

Si arriva poi alla finale con l'Anderlecht e dopo l'1-1 di Bruxelles si va a White Hart Lane per il match di ritorno. 1-1 anche qua con Ossie che entrerà a 13 minuti dal termine dei tempi regolamentari sullo 0-1, sufficienti per fargli colpire una clamorosa traversa che avrebbe potuto decidere anzitempo le sorti del match. 6 minuti dopo il suo ingresso arriverà anche il pareggio di Graham Roberts. Supplementari nulla, ai rigori esplode White Hart Lane.
Per il fantasioso centrocampista è il massimo successo a livello di club e col tempo è diventato uno dei pilastri dello spogliatoio della squadra londinese; uomo mai fuori le righe, sempre elegante in campo e con una maturità tale da reggere il confronto con qualsiasi avversario. Quella maturità che non gli era riconosciuta prima del mondiale del 1978.


Per Ardiles è però anche tempo di tirare le somme, rimarrà al Tottenham ancora per 4 anni intervallati da un prestito al St. George Saints, squadra australiana semiprofessionista con cui però non riuscirà mai a mettersi in luce collezionando 1 sola presenza.
Decide quindi di tornare in Inghilterra per vestire la maglia del Blackburn per passare poi al QPR ed infine allo Swindon Town, il tutto intervallato da un altro prestito, questa volta ai Fort Lauderdale Strikers, squadra americana.
Nel 1989 diventa contemporaneamente giocatore ed allenatore proprio dello Swindon Town che milita nella seconda divisione. Arriva, stravolge e clamorosamente porta la squadra alla promozione ma i problemi economici costringono la federazione a revocare l'impresa.
Dopo le due esperienze con Newcastle e West Bromwich Albion, il Tottenham è alla ricerca di un allenatore dopo aver ottenuto la promozione dalla second division. Ossie accetta e convince la dirigenza ad ingaggiare 3 giocatori nel pieno della loro carriera: Klinsmann, Popescu e Dumitrescu ma nessuno dei tre sarà all'altezza della situazione e gli Spurs chiuderanno la stagione al 15° posto.
I maggiori successi da allenatore li ottiene in Giappone. Nel 1996 conquista la Nabisco Cup con lo Shimizu S-Pulse, complici i gol di Daniele Massaro. Nel 2001 poi è il turno dello Yokohama Marinos con cui vince la medesima coppa e nel 2004, nominato allenatore dell'anno, conquista la coppa dell'Imperatore con i Tokyo Verdy.
L'ultima sua esperienza risale al 2012 con il Machida Zelvia, squadra delle serie minori giapponesi.
Tra le altre squadre allenate anche il Chivas Guadalajara in Messico, la Dinamo Zagabria, l'Al Ittihad saudita, il Racing de Avellaneda, il Beitar Gerusalemme, l'Huracan sua squadra ai tempi del mondiale argentino ed il Cerro Porteno.
Nessuna di queste esperienze, però, dura più di una stagione.
Siamo quindi di fronte ad uno degli interpreti massimi del calcio mondiale che dopo un primo periodo di perplessità ha saputo ottenere i risultati sperati, conquistando maturità e sicurezza nei propri mezzi aiutato da piedi divini che gli hanno consentito di mettere davanti alla porta tanti attaccanti in centinaia di occasioni. Un centrocampista elegante, intelligente e mai fuori posto sia in campo che fuori. Un vero Signore del calcio.



Matteo Maggio

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