martedì 14 ottobre 2014

ALLA CORTE DI ROI MICHEL

Molte tra le più grandi imprese della storia del calcio sono associate al nome di un singolo giocatore, identificato come autentico trascinatore ed assoluto protagonista del successo in questione.
Nelle classiche discussioni “da bar” si è soliti dire che un grande campione ha vinto “da solo” una competizione, volendo allo stesso tempo esaltarne le qualità, ma anche sminuire, in parte, il valore dei suoi compagni.
Tale tendenza è rilevabile a livello di squadre di club, ma soprattutto nell’ottica delle squadre nazionali, dove la relativa brevità dei tornei sembra maggiormente indicata per esaltare le decisive giocate di qualche fuoriclasse.
Ovviamente sono questi ultimi a creare le maggiori emozioni nel pubblico ed a consegnare alla leggenda le grandi competizioni continentali e mondiali: da un punto di vista prettamente “romantico”, l’attenzione sembra quindi focalizzarsi su chi è in grado di decidere personalmente il corso delle partite.
Tuttavia questa visione risulta palesemente miope, considerando che le grandi nazionali sono composte da grandi giocatori e che sembra davvero riduttivo non celebrare un intero collettivo, soprattutto quando si rivela vincente.
In merito a quanto detto, la nostra attuale analisi verte sull’affermazione della Francia agli europei del 1984, concentrandosi sul notevole contributo che i compagni di Michel Platini hanno dato alla causa.


Occorre precisare che senza la grande vena di “Roi Michel” il campionato europeo svoltosi in terra transalpina sarebbe finito in modo diverso: con 9 reti in 5 partite il fenomenale numero 10 prende per mano la squadra in tutte le partite, specialmente in semifinale contro il Portogallo, segnando ad un minuto dalla fine dei supplementari il gol del definitivo 3-2. Anche la finale con la Spagna è aperta da una sua maligna punizione, anche se è decisiva l’incertezza del portiere Arconada.
Come anticipato, il commissario tecnico Michel Hidalgo costruisce un ottimo gruppo di giocatori intorno a Platini, selezionando interpreti che possono essere considerati tra i migliori della storia calcistica transalpina.
Da 7 anni alla guida della nazionale e dopo i Mondiali del 1982, il tecnico francese imposta la sua squadra con un particolare 4-4-2, nel quale il giocatore della Juve ha libertà di movimento, in un qualitativo doppio compito di centrocampista di riferimento ed attaccante principale.
Grazie al terzo posto ottenuto due anni prima nella rassegna spagnola, la Francia rispetta i pronotistici che la vogliono favorita, trovando vantaggio dal sostegno del pubblico, ma anche dalla consapevolezza di essere una squadra forte e matura.
Il tecnico di Leffrinckoucke  cambia più di un inteprete rispetto al Mondiale, certo che la "nuova generazione" da lui selezionata possa dare un impulso decisivo per il successo finale.
La prima novità riguarda l'estremo difensore, ruolo che viene affidato Joel Bats, affidabile portiere dell'Auxerre preferito al precedente titolare Ettori. Dotato di ottima esplosività si rende protagonista di un ottimo Europeo, subendo solo 4 reti nelle 5 partite disputate.
E' considerato uno specialista dei calci di rigore ed anche in questa competizione riesce a pararne uno, nonostante tale prodezza venga annullata dall'arbitro: contro la Jugoslavia neutralizza effettivamente un penalty, ma il direttore di gara decide per la ripetizione del tiro, che viene realizzato da Stojkovic.
La sua spiccata personalità lo rende ideale a guidare dalla porta i compagni, che si dispongono secondo il seguente schema tattico:


La fase difensiva viene migliorata notevolmente, al punto che sono solo quattro le reti subite durante l'Europeo, per di più subite in due partite: le prime due contro la Jugoslavia nella vittoria per 3-2 ed altre due segnate dal portoghese Jordao in semifinale.
Nelle altre tre partite la porta di Bats resta inviolata ed il merito va in primis ad una rettroguardia affiatata ed efficace anche nelle situazioni di difficoltà.
Sulla fascia destra Patrick Battiston assicura allo stesso modo spinta e copertura, interpretando il ruolo in modo dinamico ed anche molto fisico.
Inoltre sembra essersi pienamente ripreso dal terribile scontro con il portiere Schumacher al precedente campionato del mondo, dove era uscito malconcio dopo un periodo di coma.
Nella disposizione tattica i due centrali sono Maxime Bossis ed Ivon Le Roux, entrambi difensori autori di un ottimo torneo, disimpegnandosi con merito nella marcatura dei centravanti avversari.
Il primo mette al servizio la sua esperienza e non sembra risentire dei postumi del rigore sbagliato nella semifinale contro la Germania nei precedenti Mondiali. Il secondo a soli 24 anni è uno degli uomini nuovi di Hidalgo, che lo sceglie titolare anche per cause di forza maggiore. Nella prima partita contro la Danimarca viene espulso Manuel Amoros, titolare da anni e capitano della Francia. La inevitabile squalifica lo esclude di fatto dalla formazione, andando in campo solo per una manciata di minuti nella finale contro la Spagna.
Nel settore di sinistra troviamo un altro esordiente ai grandi livelli, Jean François Domergue, esterno mancino del Lilla. Il suo nome resta nella storia dell'Europeo 1984 non solo per le brillanti prestazioni, ma anche per la decisiva doppietta realizzata contro il Portogallo, nella semifinale vinta in rimonta ai supplementari. La prima la segna con un potentissimo calcio di punizione, mentre la seconda con un prorompente inserimento, valido per pareggiare i conti in attesa del gol risolutore di Platini.
La sua doppia prodezza lo pone come precursore di quanto farà Lillian Thuram contro la Croazia al Mondiale 1998, tenuto conto che queste due reti risultano le uniche segnate da Domergue in nove apparizioni con i "Bleus".
Hidalgo compie le mosse giuste e la decisione o necessità di privarsi di colonne quali Tresor, Lopez e Janvion non intacca la solidità del suo pacchetto arretrato. 
Il centrocampo sembra essere il reparto più forte, dove sono presenti le individualità di spicco della selezione.
Platini ha dichiarato che nella Juventus potesse permettersi di fumare, perché l'importante è che non lo facesse Bonini, deputato a correre per lui.
Nella Francia ci sono mediani disposti a dargli la neccessaria copertura, ma non si tratta dei classici greagari, ma di alcuni tra i migliori interpreti del momento.
In mezzo al campo si muove Jean Tigana, centrocampista completissimo ed in grado di disimpegnarsi ai massimi livelli in ogni zona del campo. Durante l'Europeo il giocatore del Bordeaux, originario del Mali, mette in mostra tutte le sue qualità, dando un grande apporto alla fase di contenimento, ma accompagnando con classe e corsa la fase offensiva.
Nonostante non sia molto prolifico in zona gol (una sola rete in nazionale in 52 presenze) riesce a rendersi insidioso grazie ad una grande visione di gioco, che viene impreziosita da una corsa infinita e da una notevole tecnica individuale.


Ancora oggi viene considerato uno dei giocatori più forti di sempre della Francia ed il suo nome è ancora attuale qualora si voglia creare l'undici perfetto della rappresentativa trnsalpina di tutti i tempi.
Accanto a lui troviamo Luis Fernandez, altro instancabile centrocampista, vero e proprio motore anche del PSG. Così come tutti i compagni trova la massima consacrazione nel suddetto torneo, al quale partecipa con il consueto dinamismo ed il classico senso tattico.
Inoltre ha anche la soddisfazione di realizzare una rete nelle seconda partita del girone, nella vittoria per 5-0 contro il Belgio.
Sul settore destro troviamo un altro elemento fondamentale per Hidalgo, vale a dire Alain Giresse, giocatore rapidissimo in grado di garantire spinta e dribbling, così come un continuo moto perpetuo anche in fase di non possesso.


Risulta dotato di un tiro potente e preciso e di un'ottima capacità di inserimento, tanto da trovare con continuità la via della rete (173 reti per lui nella massima divisione francese). Nel torneo in questione si toglie la soddisfazione di mettere il suo nome nel tabellino nella partita contro il Belgio.
Analizzando questo fondamentale reparto, non si può non considerare la densità che esso riesce a garantire, fornendo un pressing continuo in ogni zona di competenza. Tale densità si conniuga alla perfezione con l'intensità con la quale i "galletti" sviluppano la propria azione offensiva: in alcune situazioni il ritmo di gioco è davvero tambureggiante, creando al meglio quelle situazioni che Platini trasforma in gol.
A tale fase partecipa, ovviamente, anche la coppia di attaccanti, che varia di partita in partita, ma che sembra trovare gli intepreti prediletti in Bernard Lacombe e Bruno Bellone.
Il primo è un'autentica istituzione in terra francese, essendo il secondo cannoniere di tutti i tempi della League 1, con 255 reti realizzate in carriera. I suoi numeri in nazionale sono inferiori (12 reti in 38 gare) e nel torneo analizzato non riesce ad andare a segno. 
Tuttavia il suo lavoro e la sua fisicità lo rendono utile al gioco della squadra, in un dispendioso lavoro di apertura varchi e di punto di riferimento centrale.
Bellone può essere definito come un attaccante esterno sinistro, dalla media gol non esaltante, ma idoneo al sacrificio e in possesso di buona velocità e di spunto imprevedibile. Il suo gol nella finale contro la Spagna rappresenta l'unico segnato da un attaccante durante la competizione.
Bernard Lacombe, Didier Six e Dominique Rocheteau si alternano ai due già menzionati, adeguandosi, con caratteristiche diverse, al lavoro che il commissario tecnico chiede loro.
Come attaccanre figura anche Daniel Bravo, giocatore molto giovane che nel corso della carriera arretra il suo raggio di azione, fino a diventare un centrocampista centrale. Per lui ci sarà anche un futura esperienza nel Parma nel 1996.
In conclusione la rosa francese del 1984 è di altissimo livello, dimostrandosi in grado di supportare al meglio il proprio fuoriclasse, ma contribuendo altresì con grande qualità al successo finale.


Forse il solo reparto offensivo è, per forza di cose, un po' penalizzato da tale  "ingombrante" presenza, mentre il resto della squadra è perfettamente a suo agio, valorizzando, inoltre, talenti di indiscutibile livello.
Con questo articolo non si vuole ovviamente sminuire la strepitosa prestazione di Platini, che risulta essere un record realizzativo ancora imbattuto e giustamente premiato con il Pallone d'Oro.
Si vuole invece mettere l'accento sul grande valore del collettivo, che ha messo in evidenza l'aurea del proprio numero 10, grazie all'indubbio valore di grandissimi calciatori.
Lunga vita al re, ma anche lunga vita a chi ha contribuito a renderlo tale.


Giovanni Fasani

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