mercoledì 2 dicembre 2015

EL LOCO HOUSEMAN

La storia del calcio è colma di calciatori che solo sporadicamente o parzialmente hanno messo in mostra concretamente il talento che madre natura ha donato loro.
Molti di questi campioni hanno pagato una personalità troppo fragile per imporsi ad alti livelli o, al contrario, si sono persi nel momento migliore della carriera, pagando un carattere difficile ed intransigente.
In Argentina di fronte a giocatori dal temperamento particolare ed imprevedibile si usa il termine Loco, vezzeggiativo che identifica molti personaggi che hanno fatto comunque la storia del calcio sudamericano.
Uno di questi è sicuramente René Houseman, in assoluto una delle ali più forti di tutti i tempi ed autentico incubo per qualsiasi difesa negli anni '70.


Nato a La Banda nel 1953, Houseman cresce calcisticamente nei Defensores de Belgrano, dove viene immediatamente notato dall'Huracan, che lo acquista nel 1973.
Il giovane talento mette subito in mostra le tipiche qualità dell'ala destra classica: eccezionale rapidità di esecuzione, dribbling secco e grande capacità di percorrere senza sosta la corsia di riferimento.
Nell'uno contro uno è praticamente incontenibile, potendo contare su di una tecnica notevole e su di un repertorio di finte imprevedibili ed efficacissime.
Nonostante l'altezza ridotta (165 centimetri) non teme il contatto fisico, né qualsiasi tipo di scorrettezza, dimostrando un carattere forte e volitivo.
Il suo grande talento lo porta sovente ad abbandonare la corsia di destra, mettendosi in mostra come un uomo a tutto campo, scombussolando i piani tattici degli allenatori avversari.
A volte esagera con la ricerca del numero ed ogni occasione può essere valida per lui per irridere il diretto opponente con un tunnel o una splendida finta.
La sua indole lo porta a mal digerire i rigidi compiti tattici, così come i lunghi ritiri pre partita: a tal proposito diventano leggendarie alcune sue fughe dagli stessi, a conferma di come il soprannome di Loco sia molto appropriato.
Si narra che durante la sua prima stagione con l'Huracan si presenti all'inizio di un match contro il River Plate dopo una notte spesa a bere in giro per Buenos Aires. Nonostante la particolare condizione riesce comunque a mettere a segno la rete della sua squadra nell'1-1 finale.
Nonostante certi atteggiamenti, è molto apprezzato dai compagni, soprattutto per la sua disponibilità ad essere sostituito in anticipo in molti match: in quel periodo i calciatori sono pagati in base al minutaggio ed Houseman si impegna la massimo perché anche i meno impiegati abbiano un buon ritorno economico.
Come esterno riesce a trovare la rete con grande facilità, grazie alla sua inclinazione a puntare direttamente la porta ed al suo notevole tempismo nell'inserirsi nell'area di rigore.
La sua intelligenza tattica unita al notevole controllo di parla gli permettono di essere sempre nella posizione giusta per concludere a rete a tu per tu con il portiere.
In tal modo di spiegano i 108 gol segnati con la maglia de El Globo nelle otto stagioni disputate, alcune delle quali decisive per la conquista del Campionato Metropolitano proprio del 1973.
La squadra, guidata da Cesar Menotti, precede di quattro lunghezze il Boca Juniors ed è trascinata oltre che da Houseman, da elementi quali Carlos Babington, Miguel Brindisi ed Omar Larrosa.
Durante quegli anni l'Huracan compete ai massimi livelli in tutti i tornei, arrivando nel 1974 alla semifinale di Copa Libertadores. La vittoria del 1973 resta però l'unica di tale straordinario collettivo, nonostante sfiori il successo nel Metropoliano nel 1975 e nel 1976.
Le ottime prestazioni nella squadra di club valgono per molti di loro la chiamata nella nazionale maggiore ed anche Houseman diventa un elemento cardine della rappresentativa a partite dal 1973.
L'anno successivo è titolare al Campionato del Mondo giocato in Germania, conclusosi per la nazionale argentina, al secondo girone eliminatorio.
L'ala dell'Huracan si mette in mostra tuttavia come uno degli esterni offensivi più forti della competizione, fornendo prestazioni eccelse: in particolar modo contro l'Italia mette più volte in difficoltà l'intera retroguardia azzurra, segnando anche la rete argentina nel pareggio finale.
 
 
Per tutto il torneo si impone come un punto di forza per la sua squadra, trovando la rete anche contro Haiti e contro la Germania Est.
Quattro anni più tardi partecipa alla vittoria dell'Argentina nel Mondiale giocato in casa, alternandosi con le altri due ali dell'Albiceleste, Daniel Bertoni ed Oscar Ortiz.
Houseman trova il gol nella discussa vittoria per 6-0 contro il Perù, grazie alla quale gli uomini di Menotti accedono alla finale sorpassando il Brasile nella differenza reti.
Il tecnico argentino ben conosce gli alti e bassi della funambolica ala ed in alcune occasioni non lo fa partite da titolare
Nella finale contro l'Olanda, per esempio, scende in campo solamente negli ultimi 15 minuti, giusto in tempo per sollevare con i compagni la Coppa del Mondo.
A soli 25 anni Houseman si trova ad essere uno dei giocatori più talentuosi di tutto il Sudamerica, con la concreta possibilità di migliorare ancora dal punto di vista tecnico e maturare definitivamente sotto quello mentale.
Tuttavia proprio dopo la rassegna mondiale inizia il suo prematuro declino, favorito da uno stile di vita non più idoneo e da scelte sbagliate.
Nel 1979 gioca la sua ultima partita in nazionale e l'anno dopo abbandona l'Huracan per approdare al River Plate.
Con i Millonarios scende in campo limitatamente, collezionando solo 12 presenze nell'unica stagione disputata.
Al termine della stessa decide di abbandonare l'Argentina e trasferirsi in Cile per giocare con il Colo Colo: anche questa avventura termina dopo un anno e dopo sole 18 partite di campionato.
Durante queste sfortunate esperienze prende il sopravvento su di lui il vizio dell'alcol che inevitabilmente condiziona in negativo le sue prestazioni e la sua tenuta fisica.
Anche alla luce di questa vicenda personale decide di emigrare in Sud Africa per giocare qualche partita con l'Amazulu.
L'anno successivo ritorna nella madre patria, accettando la proposta dell'Independiente: anche ad Avellaneda le apparizioni di Houseman sono poche e di basso livello, a causa dei già noti problemi.
Tuttavia fa parte della rosa che vince la settima Copa Libertadores nella storia de El Rojo, anche se il suo contributo alla causa è limitato a qualche apparizione.
La sua parabola discendete continua l'anno successivo con l'Escursionistas, squadra che pare l'avesse scartato in un provino sostenuto in tenerissima età.
Ormai il calcio è solo una parentesi nelle sua vita e nel 1985 abbandona l'attività agonistica, arrivando addirittura a vivere come un senza tetto.
Grazie all'Huracan ed all'ex compagno Babington ottiene un ruolo dirigenziale rimettendo in careggiata una vita sempre sospesa tra il genio e la sregolatezza.
 
 
Al pari di altri più o meno illustri colleghi, Renè Houseman ha dissipato un talento unico che lo avrebbe sicuramente portato al livello dei più celebrati fuoriclasse.
Senza entrare nel merito delle tristi vicende personali, resta il ricordo di un autentico Loco, in grado di regalare giocate e prodezze come pochi altri.


Giovanni Fasani

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