venerdì 12 febbraio 2016

FLAVIO ZANDONA', L'ORGOGLIO PRIMA DI TUTTO

Ai più, il nome di Flavio Zandonà risulterà pressochè sconosciuto. Ed in effetti la sua carriera calcistica non è mai sbocciata al di fuori del continente Americano.
Flavio Gabriel, comunemente chiamato "El Chino" nasce l'8 Aprile del 1967 a Zarate, la "capitale provinciale del Tango" sulle rive del Rio Paranà nella provincia di Buenos Aires.
La carriera di Zandonà ha inizio nella squadra del paese, il Club Atletico Belgrano di Zarate. Con la maglia bianco-azzurra si è formato come difensore centrale e a Zarate ha giocato fino all'età di 22 anni ovvero fino a quando gli osservatori del San Lorenzo de Almagro lo segnalarono ai piani alti della società. Non sfondò con la maglia del Ciclòn e venne ceduto nel 1994 al più modesto, almeno per il momento, Velez Sarsfield.
 
 
Si rivelerà infatti la scelta più azzeccata della carriera.  Al Velez, agli ordini di un mostro sacro come Carlos Bianchi (che ebbe l'intuizione di trasformarlo terzino destro, facendolo diventare un perno fondamentale della squadra) vinse il Torneo Apertura con 6 punti di distacco sul Racing e nel 1996, con in porta un certo Chilavert, il Torneo Clausura. In ambito internazionale vanta una vittoria in Copa Libertadores, una Recopa Sudamericana e una Supercopa.

 
 
Dopo 4 anni ricchi di vittorie al Velez venne ceduto in prestito al Club Deportivo Tiburones in Messico e infine a concludere la carriera in Paraguay al Cerro Porteno, per poi praticamente sparire nel nulla, tant'è che l'ultima apparizione in un'intervista risale al 2013...
Ma soprattutto il nostro Flavio è passato alla storia non per le meritate vittorie, ma per un gesto di follia misto coraggio, che racconterò minuziosamente nei dettagli nelle prossime righe: 3 Ottobre 1995, partita di ritorno degli ottavi di Supercopa Sudamericana; Il Velez si gioca il passaggio del turno in Brasile, a casa del Flamengo. Nonostante la sconfitta per 3 a 2 in casa tutti ci credono, nel calcio basta poco a ribaltare tutto. Ma i brasiliani sono un carrarmato, sostenuti dai tifosi che incessantemente incitano "O'Glorioso" (soprannome dato al Flamengo dopo i fantastici anni '10 del '900). Non può che essere così, alla fine è pur sempre un Brasile contro Argentina... E  tutto va come da copione.  A pochi minuti dall'inizio, gol dei rossoneri brasiliani. Nel secondo tempo cross dalla destra, palla che arriva a Rodrigo che elegantemente stoppa, dribbling di "rabona" al povero Zandonà che non la prende per niente bene e gol... Secco due a zero.
Partita che sembra giunta al termine, le squadre si rilassano, si cerca di tirare la fine della partita insomma. Nessuno però ha tenuto conto della variabile Edmundo. Proprio lui, "O'Animal". Prende possesso della palla a centrocampo, si avvicina a Zandonà e tenta un irritante doppio passo. Flavio, innervosito anche dalla figuraccia fatta poco prima non la prende bene e si avvicina a Edmundo tirandogli una bella manata in volto. Sembra finita lì, i due continuano a beccarsi ma solo a parole. Fino a che il brasiliano, sorridendo, colpisce con un buffetto in faccia Zandonà. Edmundo commette il grave errore di dare le spalle e Zandonà rifila un sinistro diretto sullo zigomo del calciatore del Flamengo. Un pugno fortissimo, Edmundo crolla a terra. Come nella più classica partita sudamericana, si scatena una furibonda rissa in campo. Partita sospesa, è un tutti contro tutti, allenatori, giocatori dirigenti e pure la polizia brasiliana è costretta a intervenire, volano calci, pugni e bastonate. Celebre l'immagine di Edmundo che tranquillamente abbandona il campo circondato da giornalisti che cercano di carpire anche la minima parola detta dall'attaccante. Questa è pazzia pura. Zandonà, scortato fuori, viene espulso e squalificato a lungo da ogni competizione internazionale.
 
 
A diciotto anni dal fattaccio, in un'intervista Zandonà dichiara che "quello è stato l'unico modo per rendere giustizia alle prese in giro degli avversari".
Non esiste la parola "pentimento" nel vocabolario di Flavio Zandonà, l'orgoglio viene prima di tutto
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Simone "Montiz" Montagna
 

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