sabato 16 aprile 2016

LA DOPPIETTA DI DINO ZOFF

Molti associano il nome di Dino Zoff al ruolo di portiere, del quale è stato uno dei più grandi e leggendari interpreti di tutti i tempi.
Durante la sua lunga carriera l'estremo difensore nativo di Mariano del Friuli ha collezionato grandi successi, culminati con l'indimenticabile vittoria del Mondiale del 1982.
Terminata l'attività agonistica Zoff intraprende la carriera di allenatore, che lo porta in breve tempo a sedersi sulla panchina della Juventus, sua squadra da calciatore dal 1972 al 1983.
Dopo una prima stagione discreta, in quella 1989/1990 il tecnico friulano raccoglie i frutti del suo lavoro; riesce infatti a portare la squadra bianconera al successo in Coppa Italia ed in Coppa UEFA.


Tali vittorie arrivano grazie ad un gruppo di giocatori davvero eterogeneo e ad una filosofia di gioco talvolta spettacolare ed il più della volte redditizia.
Senza entrare nei dettagli dei singoli tornei, è però utile analizzare i protagonisti della stagione 1989/1990, anno nel quale la Vecchia Signora torna ad alzare trofei dopo 4 anni.
La Juventus viene da anni di scarse soddisfazioni e la pressione su Zoff è tanta, così come tante sono le aspettative su di una campagna acquisti oculata e pienamente incentrata sul credo tattico del confermato allenatore.
La scelta del tecnico verte su uno schieramento con una sola punta di ruolo, prediligendo in tal senso gli inserimenti dei centrocampisti, tutti abili a muoversi senza palla e a sfruttare il coordinato movimento offensivo.


Tra i pali troviamo il carisma di Stefano Tacconi, portiere di grande esperienza e dai grandi mezzi atletici, in grado di comandare con autorità tutto il reparto difensivo.


Nell'arco della stagione le sue parate si rivelano decisive per le sorti della squadra, rappresentando di fatto uno dei punti forti dell'undici di Zoff.
Tacconi diventa anche capitano della squadra nella seconda parte della stagione in luogo del designato Tricella.
Il modulo prevede la presenza di un battitore libero, ruolo ricoperto inizialmente proprio da Roberto Tricella, uno dei migliori interpreti italiani della mansione.
Dotato di classe ed ottimo tempismo negli interventi, il giocatore campione d'Italia con il Verona nel 1984/1985 è anche il capitano della squadra. Nell'arco della stagione perderà il posto di titolare in favore di Daniele Fortunato, che da valido mediano arretrerà il suo raggio di azione per disimpegnarsi ottimamente nel ruolo di libero.
A Nicolò Napoli spetta il ruolo di marcare la seconda punta avversaria, grazie alla rapidità ed alla solidità da lui possedute. Dotato anche di buoni fondamentali tecnici, il terzino siciliano ha anche una buona confidenza con il gol.
Il ruolo di stopper è ricoperto da Dario Bonetti, difensore insuperabile sulle palle aeree al quale viene affidata la marcatura del centravanti opponente. L'unico suo limite è un certa lentezza di fondo, al quale sopperisce in parte con un ottimo senso della posizione.
Sulla corsia di sinistra troviamo Luigi De Agostini, uno dei punti di forza della squadra, per la qualità con la quale riesce ad interpretare le due fasi.
Oltre che essere un completo fluidificante, il giocatore friulano è in possesso di un piede sinistro preciso e potente, che gli permette di effettuare precisi traversoni per gli attaccanti, così come di essere pericoloso in fase di conclusione.
A riprova della sensibilità del suo piede sinistro, De Agostini è anche il rigorista della squadra, nonché uno dei battitori designati per le punizioni dalla media distanza.
Nella zona mediana opera il sovietico Sergej Alejnikov, centrocampista dal passo compassato, ma dalla grande intelligenza tattica. Nella sua unica stagione in bianconero, il mediano nativo di Minsk si fa apprezzare per il suo lavoro oscuro operato a favore della squadra, anche se fatica a ripetere con continuità le ottime prestazioni fornite nella nazionale sovietica.
Accanto a lui opera Roberto Galia, instancabile centrocampista in grado di garantire quella quantità indispensabile in ogni squadra. Il suo apporto non si limita al solo lavoro di interdizione, ma si concretizza anche con ottimi inserimenti offensivi. A tal proposito vale la pena ricordare i suoi gol in finale di ritorno di Coppa Italia con il Milan e la rete di apertura nella finale di andata di Coppa Uefa con la Fiorentina.
Nella sua seconda stagione a Torino Giancarlo Marocchi avanza il suo raggio d'azione, diventando un giocatore davvero a 360 gradi.


Nella sua nuova collocazione tattica il centrocampista di Imola abbina al meglio quantità e qualità, segnalandosi come uno degli elementi più positivi della stagione.
La sua capacità di inserimento gli permette di segnare con buona continuità, mentre il suo senso tattico e la sua grande corsa lo rendono un elemento indispensabile di raccordo tra i reparti.
Il piccolo portoghese Rui Barros con la sua rapidità costituisce un utile elemento in grado di garantire la superiorità numerica e di inserirsi con profitto tra le maglie della difesa avversaria.
Nella stagione precedente si era imposto come il miglior marcatore della squadra, mentre nella stagione in corso vede ridursi il suo numero di realizzazioni, contribuendo comunque in modo imprescindibile alla manovra offensiva bianconera.
Ad Alexander Zavarov è chiesto di garantire quella fantasia e quelle giocate che solo un trequartista di talento è in grado di dispensare.
Le doti tecniche non mancano al centrocampista di origine ucraina, ma lo scarso adattamento allo stile di vita italiano rende le sue “magie” davvero molto sporadiche.
La sua seconda stagione nella Juventus sembra partire con il piede giusto, con l’ex giocatore della Dinamo Kiev pienamente motivato e decisivo nelle prime uscite.
Molti attribuiscono al cambio di maglia la sua presunta rigenerazione: il tecnico decide di sgravarlo dell’onere della maglia numero 10, per evitargli impietosi confronti con i campioni del passato e gli assegna quella con il numero 9.
Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, il rendimento di Zavarov cala di partita in partita ed a metà stagione esce quasi definitivamente della scelte di Zoff.
Tutto ciò anche in virtù dell’esplosione di Pierluigi Casiraghi, ventunenne attaccante brianzolo, che a suon di reti ed ottime prestazioni convince il tecnico ad optare per uno schieramento a due punte.
La corpulenta punta fa del colpo di testa la sua dote migliori, buttandosi senza nessun timore su ogni tipo di pallone, incurante anche della sua incolumità fisica.
La sua potenza ed una buona tecnica di base lo rendono uno degli elementi più futuribili del calcio italiano ed una delle rivelazioni della stagione.
Punto di riferimento del reparto offensivo è Salvatore “Totò” Schillaci, autentico rapinatore dell’area di rigore, definito dal noto giornalista Vladimiro Caminiti " il predone del gol".
 
 
L’ex attaccante del Messina, capocannoniere in serie B l’anno precedente, dimostra da subito la grande capacità di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto, mettendo in luce anche un'ottima tecnica ed ottime doti balistiche.
Le sue reti ed il suo movimento continuo sono basilari per la Juventus ed ovviamente si impone come il maggior realizzatore della Juventus.
Le sue qualità, unite ad uno spirito indomito, lo renderanno nella stessa estate capocannoniere del Mondiale, raggiungendo in quel frangente l’apice di una carriera che successivamente cadrà in una generale mediocrità.
Nella squadra di Zoff emerge sempre quella "classe operaia" che in molti casi fa la fortuna di tanti allenatori, abbinata ad una qualità di alto livello, non facilmente pronosticabile ad inizio stagione.
Difficile trovare fuoriclasse nei nomi appena descritti, ma la formazione in questione resta un fulgido esempio di squadra attenta tatticamente e votata ad un gioco in grado di mettere in luce le ottime individualità presenti.
Il merito è soprattutto di Dino Zoff, che plasma al meglio il gruppo in questione, dimostrandosi vincente non solo come portiere, ma anche come allenatore.
 
 
Giovanni Fasani

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