sabato 21 gennaio 2017

ROBA DA PAZ!!!

Da quando il calcio si è pienamente espanso in ogni parte del mondo si è potuto notare le varie differenze tra le varie scuole continentali.
Per esempio un sempre attuale adagio segnala come tra Europa e Sudamerica vi sia una notevole differenza di ritmo, che rende alcuni giocatori adatti a giocare in entrambi i contesti ed altri no.
La prova concreta della sua veridicità lo abbiamo analizzando la carriera di tanti giocatori sudamericani, veri e propri fuoriclasse in patria, ma semplici comparse o peggio nel vecchio continente.
Senza scomodare nomi altisonanti o molto conosciuti, vale la pena ricordare un giocatore uruguaiano, passato anche dall'Italia senza fortuna, ma autentico idolo in ben tre nazioni dall'altra parte dell'oceano.
In tal senso Ruben Paz a mandato letteralmente in visibilio milioni di tifosi grazie ad un piede sinistro fatato ed a un'intelligenza calcistica straordinaria.
 
 
Dopo i primi calci tirati nel Peñarol Artigas, squadra della sua città natale, passa appena diciottenne ad una altro Peñarol, quello glorioso e vincente di Montevideo.
Ben presto i tifosi dei Carboneros comprendono di essere di fronte ad un talento purissimo, restando estasiati dalla facilità con la quale il piccolo fantasista compie giocate di altissimo livello.
La sua grande qualità gli permette di essere schierato come trequartista o come Volante, mettendo in mostra in entrambe le posizioni una grande visione di gioco.
A ridosso della punte si va apprezzare per il tempismo negli inserimenti, ma soprattutto per la capacità di servire in compagni con passaggi precisi, quasi vedesse dall'alto lo sviluppo del gioco.
L'apparente scarsa velocità di passo viene mitigata dalla grande velocità di pensiero e qualora abbassi il suo raggio di azione mette in mostra grande senso delle geometrie e personalità nell'impostare l'azione.
Pur non essendo un fulmine di rapidità, Ruben Paz ha grande ritmo palla al piede e la sua progressione riduce gli effetti di un primo controllo talvolta macchinoso.
Non mancano nel repertorio i calci piazzati, con grande predilezione per le punizioni dal limite, calciate a "foglia morta" come compete ai grandi numeri 10.
Durante la sua militanza il Peñarol vince tre campionati nazionali (1978, 1979 e 1981), l'ultimo dei quali ottenuto anche grazie principalmente ai suoi gol, ben 17, che gli valgono anche il titolo di capocannoniere.
In tal senso emerge la sua vocazione offensiva e la sua grande efficacia quando ha la possibilità di calciare con il suo magico piede sinistro.
Inutile dire che le sue doti vengono notate sia nel contesto della nazionale maggiore, dove esordisce nel 1979 e dove si fa conoscere a livello internazionale nel Mundialito del 1980, competizione,creata per mettere di fronte le nazionali al momento detentrici di un Mondiale,vinta proprio dall'Uruguay .
La conquistata ribalta si concretizza nel 1981 con il suo passaggio ai brasiliani dell'Internacional, una delle squadre più forti del panorama sudamericano del momento.
Anche in Brasile "El Cabeza" fa la differenza, creando nel vero senso della parola i presupposti per la vittoria in tre campionati Gaucho, incrementando ancora di più un già ricco palmares.
Per i supporter del Colorado diventa il Churrasco, venendo amato moltissimo nonostante gli uruguaiani non siano proprio ben visti dopo il "fattaccio" del Maracanazo.
Nel 1986 arriva il momento di trasferirsi in Europa, essendo il suo nome accostato a più squadre di campionati diversi.
A spuntarla è l'RC Parigi, il quale, con il suo acquisto, crea quella che sulla carta è una coppia di geni a centrocampo. Nella squadra della capitale gioca infatti anche El Principe Enzo Francescoli, assoluto campione uruguaiano anch'egli alla prima esperienza in Europa.
Il pubblico transalpino vedrà solamente 6 volte  Ruben Paz in campo, a causa di infortuni e di un scarso adattamento alla nuova realtà.
Le giocate espresse negli anni precedenti sembrano un lontano ricordo e quello che sui vede saltuariamente in campo è un centrocampista fuori contesto in termini di mobilità.
A conferma del detto "chiusa una porta si apre un portone" nel 1987 inizia per lui l'esperienza più bella e gratificante della carriera, quando accetta l'offerta del Racing di Avellaneda.




Per il pubblico de La Academica diventa ben presto un idolo e le vittorie in Supercopa Sudamericana e Interamericana del 1988 spiegano solamente in parte l'autentica adorazione a lui tributata.
Sono infatti giocate come quelle seguenti a renderlo immortale nei ricordi di ogni tifoso celeste-bianco.




Anche se sarebbe sufficiente considerare solamente questa sua prodezza contro il Boca, in grado di fare letteralmente impazzire il pubblico de El Cilindro.



Giocare nel Racing vuol dire misurarsi nel Clasico di Avellaneda contro l'Independiente, derby da sempre sentitissimo e teso.

Relativamente a tale contesto non può mancare negli archivi una prodezza di Ruben Paz, come quella realizzata nel 1988.





Sempre nel medesimo anno ha la grande soddisfazione di vincere il Pallone d'Oro Sudamericano messo in palio dalla rivista El Pais; nella speciale classifica precede altri due uruguagi, Hugo De Leon e Josè Pinto Saldanha.
Considerata la grande concorrenza ed i nomi già presenti nell'albo d'oro, tale riconoscimento lo mette indiscutibilmente nell'Olimpo del calcio sudamericano.
L'eco delle sue ottime prestazioni e le buone indicazioni fornite dalla Copa America 1989 (secondo posto per l'Uruguay) gli valgono una nuova chance in Europa: per lui non è facile lasciare Avellaneda, ma il richiamo della seria A italiana, vero e proprio "El Dorado" dell'epoca, è molto forte.
Nell'estate 1989 ci concretizza così il suo passaggio al Genoa neopromosso in Serie A , dove approdano anche i connazionali Josè Perdomo e Carlos "Pato" Aguilera.
Mentre quest'ultimo sfonderà in Italia, Ruben Paz e Perdomo fanno grande fatica ad adattarsi ai nuovi ritmi, finendo per incidere molto poco.
El Cabeza colleziona 25 presenze in campionato, nobilitate da un unico gol nella sconfitta contro il Napoli, segnato con una inserimento in velocità ed un tocco delicato a scavalcare Giuliano Giuliani.




Pur venendo apprezzato per la capacità di tocco e l'intelligenza tattica, il calciatore uruguaiano manca di quel dinamismo ormai diventato prerogativa del calcio proiettato verso il nuovo millennio.
Al termine del campionato partecipa alla sfortunata avventura Mondiale con l'Uruguay, terminata agli ottavi per mano dell'Italia.
Questa negativo risultato di abbina alla cocente delusione di quattro anni prima in Messico, dove la squadra di Omar Borras fece a dir poco una figuraccia.
Alla luce di questi risultati decide di abbandonare la nazionale, dopo essere sceso in campo per 45 volte, senza però essere premiato come avrebbe meritato a livello di risultati.
La seconda negativa esperienza in Europa e la mancata conferma da parte della squadra rossoblù lo convince a ritornare ad Avellaneda, dove la dirigenza del Racing è ben contenta di riprenderlo.
Dopo tre positive stagioni trascorse in quella che ritiene essere la sua casa, fa ritorno in patria per giocare con il Rampla Juniors, denotando una condizione fisica sempre meno brillante.
Il grande amore per il calcio lo porta a giocare fino a 47 anni, mettendo in gioco la sua classe nelle più basse serie calcistiche uruguaiane.
Un sentimento che a sempre trasmetto ogni volta che il pallone è passato sui suoi piedi, mettendo in mostra un talento di altissimo livello.
Se il contesto europeo l'ha forse ingiustamente bocciato, quello sudamericano lo ricorda ancora come uno dei centrocampisti più forti e completi della sua epoca.
Indipendentemente dalla velocità con la quale si gioca, la classe innata di un calciatore va sempre ammirata celebrata.
E da questo punto di vista il grande Ruben ci ha fatto vedere davvero delle cose da.... Paz!!!!!



Giovanni Fasani



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