domenica 3 dicembre 2017

PIETRO SERANTONI, UNA VITA DA MEDIANO

In tutte le imprese recenti della nazionale italiana appare fondamentale la figura di un mediano di sostanza, deputato a garantire un solido contributo in fase di interdizione e di sostegno ai compagni.
Nel 1982 l'ottimo Gabriele Oriali si erge a grande protagonista sorreggere Bruno Conti e Giancarlo Antognoni ed un modulo che vede la presenza di due punte fisse.
Nel 2006 un generosissimo Gennaro Gattuso corre quasi per due per lasciare libero da compiti di contenimento il compagno Andrea Pirlo e per consentire la presenza di due attaccanti di ruolo e, nel caso, un trequartista (Del Piero o Totti).
Andando più a fondo nelle storia calcistica azzurra non possiamo non notare come il centrocampista di quantità sia una vera e propria peculiarità del nostro calcio, fondamentale anche per successi ormai datati.
A tal proposito vale la pena ricordare come Vittorio Ponzo nel 1938 costruisca una vincente nazionale sia sul talento di Giuseppe Meazza e Silvio Piola, sia sulla presenza di presunti "gregari", chiamati a giocare in funzione delle necessità della squadre e dei suoi assi.
In tale contesto appare di spicco la figura di Pietro Serantoni, eccelso mediano di fatica, che nel torneo disputato in Francia scrive un vero e proprio trattato agonistico di tale sottovalutato ruolo.


Molto particolare è il fatto che inizi la carriera nella natia Venezia nel ruolo di interno, salvo poi nel tempo arretrare la propria posizione per meglio usufruire delle sue potenzialità.
Tutti gli allenatori restano sorpresi dalla sua inesauribile corsa e dalla resistenza allo sforzo, che lo rende molto vicino alla figura di un podista.
Serantoni però, possiede una pregevole intelligenza tattica che gli permette di posizionarsi sempre in modo perfetto in campo, giocando con grande generosità in funzione dei compagni.
Tale caratteristica rappresenta il leitomotiv della sua carriera: dare sempre sostegno alla squadra ed indirizzare ogni movimento ed ogni scelta tecnico/tattica in funzione del beneficio che essa può dare al collettivo stesso.
Inutile dire come tale prerogativa lo rende ben visto da tutti, soprattutto dagli allenatori, che apprezzano tale dedizione così come la sua utilità anche in fase offensiva.
Il piccolo centrocampista dispone di un tiro molto efficace, che lo rende molto pericoloso nei pressi dell'area di rigore, dove prova con buona continuità e precisione la conclusione in porta.
Dopo gli esordi nella società lagunare viene notato dai difensori dell'Ambrosiana Inter che lo mettono sotto contratto nel 1928, facendone un perno del proprio centrocampo nonostante la giovane età (22 anni).


L'anno successivo arriva lo Scudetto per un squadra che vede come leader assoluto il Balilla Meazza, capocannoniere del campionato con ben 31 reti in 33 partite.
Serantoni assiste al meglio il fuoriclasse neroazzurro nelle sue eccelse giocate, dimostrandosi però anche molto continuo in fase di realizzazione, mettendo a segno ben 16 reti.
Indimenticabile a livello personale è la doppietta segnata al Milan il 13 aprile del 1930 che vale il  2-0 finale per gli uomini di Árpád Weisz.
Tale successo rimane l'unico nella sua la permanenza di Serantoni a Milano, durante la quale raggiunge anche una prestigiosa finale di Mitropa Cup nel 1933, persa solamente contro l'Austria Vienne a causa della differenza reti nel doppio confronto non senza polemiche verso le scelte arbitrali.
Nello stesso anno esordisce in nazionale disputando due partite, un'amichevole contro il Belgio ed una gara ufficiale della Coppa Internazionale vinta per 2-0 contro la Cecoslovacchia.
Purtroppo per lui un infortunio al menisco alla vigilia del Mondiale convince il commissario tecnico Pozzo a fare a meno del mediano veneto, privandolo della possibilità di giocare e vincere il torneo davanti al pubblico italiano.
Nelle partite di preparazione al torneo l'allenatore azzurro lo prova addirittura nel ruolo di Meazza, spostando quest'ultimo nel ruolo di attaccante.
Solamente l'esplosione di Schiavio e di Piola porteranno Pozzo a rivedere i propri schemi, riportando il fido Serantoni nel consueto ruolo di mediano, prima dell'arrivo del brutto infortunio.
Nel 1934 termina il suo rapporto con l'Inter, riassumibile in 164 partite di campionato impreziosite da 54 gol e da una serie infinita di corse ed inserimenti molto apprezzate dall'esigente pubblico di San Siro.
La sua carriera prosegue nella fortissima Juventus del periodo, vincitrice degli ultimi quattro campionati ed avviata a completare l'opera realizzando quello che oggi chiamiamo Quinquennio d'Oro.


Il contributo di Serantoni a tale ultimo successo è parziale in termine di partite giocate, solo 15, bagnante comunque da 5 gol che confermano un buon inserimento nell'oliato sistema di gioco bianconero.
Solamente il già citato problema al menisco ne limita l'utilizzo, garantito comunque dalla buona riuscita dell'operazione chirurgica, ai tempi molto complicata e talvolta non efficace.
Nel novembre del 1934 fa parte della leggendaria squadra che spaventa l'Inghilterra nell'amichevole giocata nello stadio dell'Arsenal: gli azzurri, in dieci per buona parte della partita per l'infortunio a Luis Monti giocano una ripresa fenomenale, segnando due reti che non impediscono la sconfitta per 3-2, ma vengono consegnati alla leggenda quali Leoni di Highbury.
Il centrocampista juventino gioca una grandissima partita, correndo come un forsennato, intercettando un'infinità di palloni e rilanciando al meglio l'azione di ripartenza, meritandosi in pieno l'applauso del pubblico londinese.
L'anno successivo si interrompe il ciclo di vittorie della Juventus, che con il quinto posto finale ottenuto decide di compiere alcuni cambiamenti all'interno della rosa.
Uno di questi riguarda proprio Serantoni, che viene ceduto all'ambiziosa Roma, termina seconda nel campionato precedente ad un solo punto dal Bologna campione.
Non è dato sapersi se la società piemontese non creda più nella qualità e nell'integrità del giocatore, considerando il fatto che nel 1936 lo stesso ritrova la maglia della nazionale per l'incontro amichevole di Berlino contro la Germania.
Durante tale delicato match si guadagna l'eterna stima di Vittorio Pozzo, per il fatto di decidere di continuare a giocare nonostante la frattura all'alluce destro.
Il commissario tecnico al termine dell'incontro, terminato 2-2, gli dirà:"Sono stato in guerra e ne ho viste di tutti i colori. Ora, se io non fossi stato accanto a lei, non avrei mai creduto che un uomo potesse superare con tanto stoicismo una simile lesione" (La Stampa, 7 ottobre 1964).
Con lo stesso allenatore della nazionale instaura quindi un buonissimo rapporto, che gli consente di venire preso in considerazione con continuità nelle successive convocazioni, nonostante con la Roma giochi due stagioni con poche soddisfazioni (un 10° ed un 6° posto).
Nell'estate del 1938 l'Italia parte per la Francia per difendere il titolo mondiale conquistato quattro anni prima, puntando su di un gruppo nuovo, con solo Meazza e Giovanni Ferrari quali reduci del precedente trionfo.
Serantoni viene proposto come titolare in un reparto mediano che vede Miguel "Michele" Andreolo come perno centrale e proprio Giovanni Ferrari come organizzatore della manovra, lasciando a Meazza libertà d'azione e ad Amedeo Biavati e Gino Colaussi il compito di supportare sulle due fasce l'unica punta Silvio Piola. L'Italia ha la meglio agli ottavi solo ai supplementari della Norvegia, per poi aumentare il livello delle proprie prestazioni per battere i padroni di casa della Francia (3-1), il fortissimo Brasile (2-1) e l'Ungheria nella finalissima di Colombes, vinta per 4-2 dopo una dura battaglia.



Inutile affermare come tale storico successo rappresenti l'apice per molti dei giocatori italiani, compreso Serantoni che riceve molti complimenti per il grande sacrifico e le infinite corse, che gli valgono l'epiteto di Motorino Infaticabile.
Il mediano veneziano si rifà in pieno del mancato successo del 1934 ed a trent'anni inizia quella che è la parte finale della sua carriera.
Con la maglia della nazionale gioca ancora tre partite fino al 1939, per poi terminare un agrodolce rapporto con la maglia azzurra dopo 17 partite, curiosamente non condite da gol.
Nella capitale gioca ancora due  stagioni, scendendo in campo sempre con meno frequenza, pagando inevitabilmente le tante battaglie affrontate in campo ed i postumi del problema al menisco che tornano a chiedere dazio.
Nel 1941 si appresta ad iniziare la sua carriera da allenatore, prima intervallandola a quella di calciatore nel Suzzara, poi come tecnico a tutti gli effetti sulle panchine di Padova e Roma, fino al 1964 quando un male incurabile lo porta alla morte.
Fatto che lo ha tolto un po' dalla memoria collettiva, soprattutto quando si parla della prestigiosa tradizione italiana in termini di mediani


Pietro Seratoni è stato in tal senso una delle massime espressioni del ruolo, interpretando lo stesso con vigore ed una continuità eccezionale, donandogli anche connotati di modernità in relazione alle sue eccellenti attitudini offensive.
Una vera vita mediano...



Giovanni Fasani



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